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Come gestire una Bocciatura o un Debito a settembre?

Fallimento scolastico: guida pratica per genitori che vogliono crescere con i figli (non solo salvare l’anno)

Quando un’insufficienza diventa un’opportunità (ma nessuno ve lo dice)

Cosa significa davvero fallire a scuola? Una bocciatura, un debito formativo, o anche una semplice serie di brutti voti, spesso vengono percepiti come una condanna, un’etichetta incollata addosso al ragazzo. Ma è davvero così?

E se invece fosse un’occasione di svolta per tutta la famiglia?

In questo articolo esploriamo il significato profondo del fallimento scolastico, il vissuto emotivo dei genitori, il ruolo della responsabilità e le strategie concrete per affrontare l’estate dopo una caduta scolastica. Con uno sguardo tecnico ma accessibile, vi accompagniamo in un percorso che – sì, può partire da un’insufficienza – ma può portarvi molto più lontano.


Cos’è davvero un “fallimento scolastico”? Un errore, non un’etichetta

Il fallimento scolastico non riguarda l’identità del ragazzo. Non è lui ad “essere un fallimento”. Significa semplicemente non aver raggiunto un obiettivo di apprendimento. I motivi? Possono essere molti: disorganizzazione, difficoltà reali, immaturità, momenti di crisi familiare, mancanza di responsabilità. In altre parole: va capito, non giudicato.

Il punto di partenza, per i genitori, è cambiare paradigma: non si tratta di “salvare l’anno”, ma di imparare dal fallimento. E questa è una lezione preziosa, a qualsiasi età.


Genitori e figli: due vissuti diversi, due strade da riconnettere

Ma perché il fallimento scolastico ci colpisce così tanto?

Spesso, il dolore o la rabbia che provano i genitori non riguarda solo il figlio. È un dolore che arriva da lontano: dai propri ricordi scolastici, dalle aspettative che si avevano, da ciò che si sperava o temeva. E allora, attenzione: il rischio è quello di proiettare.

La scuola dei figli non è la rivincita o la conferma di quella dei genitori.

Per accompagnare un figlio nel fallimento serve consapevolezza emotiva. Domande come “Che significato ha per me questa bocciatura?” oppure “Cosa sto provando davvero?” sono il primo passo per tornare a essere figure centrate. Verbalizzare, quando possibile, senza sfogarsi: meglio dire “Sono dispiaciuto, mi sento spiazzato” che fingere indifferenza o esplodere in rabbia.

E, se possiamo dirlo con un sorriso: no, non siete stati voi a essere bocciati. Quindi niente “abbiamo preso 5” o “ci tocca ripetere l’anno”.


La relazione prima della performance: ciò che resta quando tutto va storto

In famiglia, quando arriva un fallimento scolastico, la prima tentazione è quella di “correggere” il comportamento del ragazzo. Ma prima ancora serve una relazione salda, fondata sull’ascolto. Altrimenti, ogni consiglio suona come una critica.

Ecco qualche strategia concreta:

  • Ascoltate davvero: senza interrompere, senza giudicare, senza risolvere subito.
  • Fate anche altro insieme, che non riguardi lo studio. È nella qualità del tempo condiviso che si costruisce fiducia.
  • Giocate di squadra: chiedete “Secondo te, cosa possiamo fare insieme per affrontare questa situazione?” anziché “Devi darti una svegliata”.

Conoscere il mondo del figlio – ciò che lo emoziona, lo diverte, lo appassiona – è la chiave per non essere solo genitori che controllano, ma guide autorevoli che ispirano.


Responsabilità: una parola che si costruisce nei dettagli

La responsabilità scolastica non si insegna con le prediche. Si coltiva nei gesti quotidiani. Prepararsi la cartella, mettere via i vestiti sporchi, prendersi cura dei propri spazi: sono tutte forme di auto-organizzazione. E chi non ha mai imparato a gestire queste piccole cose, difficilmente gestirà studio, ansia da performance e scadenze scolastiche.

Inoltre, attenzione al “ruolo invadente”: se il genitore si sostituisce sempre (anche solo per aiutare), toglie potere al ragazzo. Il compito – scolastico e non – è suo. Il genitore è un supporto, non un sostituto.

Quando si nota che, dopo aver concordato insieme un piano, il figlio non lo segue, quello è un campanello d’allarme da non ignorare.


Fallire… per crescere: serve cambiare sguardo (e sistema)

Lo dice la scienza: il cervello cambia. Si chiama neuroplasticità. Tradotto: non è vero che “non sono portato per la matematica” o “non imparerò mai l’inglese”. Spesso significa solo che non c’è stato abbastanza esercizio, supporto, metodo.

Il fallimento è una tappa normale del processo di crescita. Chi non ha mai sbagliato rischia di non avere gli strumenti emotivi per gestire la prima vera difficoltà.

Quindi:

  • Parlate di valori e non solo di voti.
  • Date tempo, ma non lasciate andare tutto.
  • Ricordate: guidare un figlio non è imporgli tutto, né lasciarlo libero in tutto. È una faticosa arte di equilibrio.

Estate e ripetizione: come costruire un piano di recupero efficace (e non ansiogeno)

L’estate può essere un periodo chiave per recuperare. Ma non improvvisate!

Passaggi chiave per un piano efficace:

  1. Pausa iniziale: qualche settimana di riposo vero serve, dopo un anno pesante.
  2. Mappatura delle lacune: in quali materie? Quali argomenti specifici?
  3. Obiettivi di processo, non solo di voto: es. “oggi faccio 5 esercizi di algebra” è meglio di “devo migliorare”.
  4. Supporto esterno se necessario: tutor, ripetizioni, incontri mirati.
  5. Routine e metodo di studio: specialmente per le materie argomentative, dove serve un lavoro costante.
  6. Contratto educativo: un piccolo accordo scritto in cui il figlio definisce 3 comportamenti da cambiare, gli strumenti a disposizione, e un obiettivo concreto.

E se il problema era organizzativo, il genitore può offrire guida e controllo iniziale. Se era emotivo, si può valutare un cambiamento di ambiente, o un supporto psicologico.

In ogni caso: non lasciateli soli. Né emotivamente né operativamente.


Conclusione: da un voto basso può nascere un futuro più consapevole

Un fallimento scolastico può essere una ferita. Ma anche una chiamata al cambiamento. Un momento in cui tutta la famiglia si ferma e si chiede: “Cosa possiamo imparare da questo?”

La vera vittoria non è “salvare l’anno”. È aiutare un figlio a diventare più consapevole, autonomo, forte. E, magari, anche più felice.


Hai un figlio che ha avuto difficoltà scolastiche quest’anno?

Prepara insieme a lui un piano concreto per l’estate. Parti da una conversazione sincera, crea un contratto condiviso, cerca supporto se serve. E ricorda: la scuola può essere una palestra di vita, anche quando sembra una salita.

La sfida è impegnativa. Ma, come tutte le cose vere, vale la pena viverla insieme.

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